L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la violenza un problema di salute pubblica e privata. Il comune denominatore degli atti di violenza subita è l’INJURY, ossia un danno fisico e/o psichico. Le vittime di violenza pertanto, bambini, adulti e anziani che siano, nel corso della loro storia non di rado si rivolgono alle strutture sanitarie, anche in più occasioni, o con la richiesta di cura di quelle che possono essere le manifestazioni cliniche direttamente correlate all’atto violento (ad esempio un trauma inferto) o per segni e sintomi indirettamente ad esso collegati (ad esempio il ritardo dello sviluppo psicomotorio nel bambino, la depressione nell’adulto, l’accelerato deperimento organico nell’anziano). Purtroppo però “questi accessi al sistema sanitario” spesso non sono colti nella loro sostanza e/o non esitano in risposte adeguate. Leggendo quindi il fenomeno della violenza dal punto di vista assistenziale, emerge chiaramente il ruolo strategico del personale sanitario nel collegare quadri clinici, di per sé anche comuni, quali appunto un trauma, la depressione o un deperimento in un anziano, ad una situazione di potenziale maltrattamento. In questa prospettiva esso ha, in primis, la responsabilità di formulare una diagnosi precoce e di valutare a fondo il quadro clinico e quindi di farsi protagonisti, per quanto di competenza, dei complessi processi di presa in carico globale del paziente, di intervento sulle cause e di prevenzione.
Rispetto ad altre narrazioni del fenomeno violenza, più diffuse e più mature, quella sanitaria è ancora quanto mai scarna; la sottostima dell’impatto del fenomeno violenza sul sistema sanitario da un lato e sulla salute della donna e dell’uomo dall’altro è un dato certo. Ci sono carenze culturali e professionali e di risposte strutturali organizzative e gestionali. Considerare la violenza come una vera e propria malattia, causa etiologica di quadri sindromi ben definiti, è ancora un concetto poco diffuso.
Ci si propone di dar vita ad una riflessione ampiamente condivisa sulla dimensione strettamente sanitaria del fenomeno violenza, considerata ovviamente nel contesto della società civile nazionale. Si vuole proporre un dibattito che affronti il problema non settorializzandolo per età, sesso, stato civile o ruolo nella società, ma considerandolo nel suo insieme, convinti che di un unico problema si tratti per quanto complesso e articolato sia.
Si lancia questa iniziativa nella convinzione che quanto verrà presentata, la Carta di Padova 2026, potrà dare ancora più forza alle azioni che la società civile, nel suo diverso articolarsi, sta proponendo per contenere quello che a tutt’oggi sembra essere purtroppo un fenomeno in crescita e in evoluzione.